Passa ai contenuti principali

Recensioni

PITTURA E POESIA IN GIULIO di MALTA
di Franco Volpe

Giulio di Malta non è il primo esempio di Poeta-Pittore espresso dalla Calabria: basterebbe richiamare, per convincersene, l’illustre precedente di Enotrio, il mitico autore di "Paese in Calabria” oltre che grande interprete del paesaggio meridionale, suo pensiero costante nell’esilio argentino. Ma quel che colpisce ed affascina in Giulio è la perfetta circolarità che è riuscito a stabilire fra le sue due anime. Che sono, quindi, non mondi separati e reciprocamente chiusi a guisa di ibinizione "Monadi, senza finestre”, ma semplicemente due facce di un’unica forma d’espressione artistica esplicantesi, secondo modalità e con mezzi diversi, ma, intrinsicamente radicate nella cultura materiale del piccolo universo paesano e rurale. Così, la scrittura poetica e la pratica pittorica sono improntate entrambe ad un sobrio realismo soffuso di liricità. Una liricità che, in momenti come le recenti poesie a Giovanni Paolo II, si anima di un caldo soffio di spiritualità, mentre in pittura si esprime in un paesaggio di espressionistica forza ed acceso cromatismo (si ricordino certi cieli cero o rosso porpora), per non parlare delle felici escursioni nell micro pittura. I reciproci richiami fra le due forme d’espressione, sono costanti, non c’è componimento poetico che non sottenda, qualche elemento di tensione figurativa; così come non opera pittorica o grafica che non rimandi ad un una sottostante accensione o vibrazione lirica. Ecco, l’essere riuscito a realizzare tale esemplare, congiunta coerenza tra espressione pittorica e scrittura poetica è uno dei punti di forza di questo delizioso artista che è Giulio di Malta. Tornando alla poesia, tema specifico di questa breve presentazione, essa si avvale di uno strumento linguistico - il Vernacolo aiellese -che risponde ad una precisa scelta del nostro autore, anche in questo coerente e consapevole che il poetare in lingua espone sovente al duplice rischio dell’artificio retorico e della friggidità accademica, "Vecchia Tebe” della nostra tradizione letteraria, secondo la felice espressione del Sapegno. Giulio nel corso di un’attività misurabile, ormai, in decenni, è venuto limando e affinando nel tempo lo strumento di cui si diceva sfruttandone la straordinaria ricchezza lessicale, ma affrontando anche notevoli difficoltà di trascrizione fonetica - fino a ridurle ad una cifra di esemplare essenzialità e a disvelare le sue insospettate dolcezze, celate dietro uno schermo di apparente, aspra "legnosità” - Che trova, poi una sorta di eliotiano "correlato oggettivo” nell’asperità dei dirupi e delle balze, delle “timpe e delle forre”; asperità che, a mano a mano che lo sguardo si spazia, si placa nelle linee distese e morbide delle colline, facenti corona a quella sormontata dalla vetusta mole del Castello e degradanti dolcemente nella vallata di “Guarno” lambire il Tirreno. La raccolta che qui si presenta, allinea una serie di componimenti dai contenuti profondamente radicati nella cultura materiale di Aiello (con le sue campagne) e della vicina Cleto, l’antica Pietramala, ad Aiello, per lunga vicenda di secoli organicamente legata. Si potrebbe paragonare, questa produzione, ad una enorme “natura morta” gremita di oggetti ed utensili di uso comune nel vissuto quotidiano delle famiglie contadine da una parte, e di arnesi e attrezzi agricoli dall’altra estendendo questa nozione anche ai pesi e le misure granarie ed olearie. Tutto è giocato dunque, in un microcosmo compreso tra la casa rurale luogo del precario riposo al calore degli affetti familiari, e la campagna, teatro della diuturna fatica del contadino, culminante nella mietitura e trebbiatura del grano e nella raccolta e molitura delle olive. Sfilano, così, dinnanzi ai nostri occhi, gli strumenti del lavoro casalingo, prevalentemente, ma non esclusivamente femminile, come attesta la ricorrente ritualità di un evento quale è l’uccisione del maiale (con la sua gioiosa e chiassosa coralità animata soprattutto dalla preminente partecipazione maschile) e quelli del lavoro dei campi,ossia “le opere e i giorni “di escodea memoria", obbedienti ascansioni e ritmi stagionali, ahimè sempre più sfuggenti ed inafferrabili. A questa duplice realtà, Giulio di Malta presta un’attenzione che non ha nulla di paternalistico e distante, essendo, al contrario, nutrita di cristiana enfatica immedesimazione. In tutto ciò è da ravvisare la “novità” della poesia dimaltiana; "novità” che sta non tanto nell’"andare verso il popolo”, quanto nel “sentirsi popolo”.
Amantea, agosto 2005

IL MONDO POETICO DI GIULIO di MALTA
di Giulio Palange
Giulio di Malta è ad un tempo Pittore e Poeta dialettale. Ma, al di la della diversità obiettiva degli specifici usati qualcosa di sostanziale accomuna il di Malta Pittore al di Malta Poeta: ovvero, la sua cifra stilistica in pittura e in poesia è una soltanto anche se va vista in filigrana. Il procedimento, mediante il quale, Giulio coinvolge la controparte nella Progressiva dilatazione tematica delle proprie creazioni, ha inizio nel momento stesso in cui, questa controparte si pone di fronte ad un suo quadro o legge una sua poesia. Cosa osserva? In Pittura: colori giust’apposti, senza sfumature e senza mezzi toni, segni privi di alcuna imprecisione, forme e volumi inequivocabili nella loro oggettiva certezza: in poesia: descrizioni minuziose e spesso insistite, aggettivazione sempre attenta a rievocare l’immagine senza scarti fantasiosi, aderenza caparbia ad un mondo di uomini e cose corposo nella sua quotidiana e dimessa esistenza. Ma anche se lo scorcio e la poesia uno se lo ritrova davanti nella loro visualizzata concretezza, egli sente e sa che il loro nucleo significativo, fatto di cose non dipinte e non dette, gli è filtrato sottilmente dentro e sta lievitando, come l’impasto del pane di casa messo al caldo sotto la coperta, e si dilata a poco a poco fino a coinvolgerlo in una insistente problematizzazione della realtà ritratta. E allora, come i muri, le case, le strade, immutati da sempre, assolati sotto cieli uniformi dai colori dell’incubo e del sogno, diventano la proiezione di una condizione di solitudine nella quale l’assenza della presenza umana implica l’incapacità, individuale e colletiva a modificare una logica dellecose, sostanzialmente sperequativa, cosi gli Zampognari, le Raccoglitrici di olive e tanti oggetti tradotti in versi, senza alcun intervento ideologicicizzante, dal di Malta si trasformano in muti simboli viventi di una storia quotidiana fatta di emarginazone e di ritardi, ma vissuta nella silenziosa dignità di una cultura, quella rurale dei microcosmi paesani calabresi, che storicamente si è espressa e si è realizzata proprio mediante il Dialetto, quello stesso adottato dal di Malta. Da questo punto di incidenza significativa in poi, il discorso del Pittore Poeta di Aiello, assume proiezioni tematiche imprevedibili, ma, tutte riconducibili ad un’unica essenzializzata tesione espressiva:risalire, senza divaganti allusioni e senza soggettive interpretazioni, dalla realtà di uominie cose al loro stesso significato, ovvero alle motivazioni del loro esisteree, ancor di più del loro inarrestabile, ingiusto declino. E’ il non dipinto e il non detto nei quadri e nei versi di Giulio di Malta hanno proprio la funzione di evitare messaggi più o meo didattici e più o meno esterni per far prendere coscienza in prima persona chi guarda o chi legge di quel significato,di quelle motivazioni.
Giulio Palange


GIULIO di MALTA IL POETA CHE SCRIVE ANCHE CON UN PICCOLO PENNELLO
di Camillo Bria

Post popolari in questo blog

Una poesia per chi ha perso la vita per compiere il proprio dovere

"Una poesia di cui avevo perduto le tracce, da dedicare a tutti coloro i quali, ieri ed oggi più  che mai, hanno perso la vita per compiere il proprio dovere" Giulio di Malta

Panorama di Gizzeria, ultima opera di Giulio di Malta

L'ultimo lavoro di Giulio di Malta. Si tratta del  panorama di Gizzeria, visto da località Cona. Dedicato a tutti i Calabresi del Mondo.

Pasqua 2020, Realtà e sogni. La mia preghiera per il 2 luglio

Il vecchio e il cielo

IL VECCHIO E IL CIELO di Giulio di Malta   Io giro il mondo con la fantasia, varco montagne, fiumi, casolari, non ho rimpianti, nessuna nostalgia, scrivo e dipingo su foglietti vari. Dal “Monte Bianco”, mi porto alle ”Rocciose,” Dalla “Sila” al maestoso “Fujiyama”, sorvolo mari, isole famose, mi porto in “Tibet” ad incontrare il “Lama”. Dopo l’approccio, riprendo il mio vagare, non ho rimpianti, mai malinconia, l’azzurro cielo comincio a divorare, disdegnando l’invidia e l’albagia. E salgo in alto, senza far fermata, dove il silenzio è la gran realtà, dove non c’è più corsa indiavolata e regna, eterna, eguaglianza e libertà. E vago nell’azzurro cristallino, lontano dai soprusi dall’orrore, del “Cosmo", io divento cittadino, ammirando le bellezze del “Creatore”. Cosenza 1 Maggio 2021